“Un libro prezioso, che schiude porte da cui entra il vento. Valeria Benatti ci conduce dentro la vita di Nino, un bimbo di 5 anni che non ha mai potuto vivere la propria infanzia, trascinato in situazioni di degrado e di costante pericolo da una madre troppo giovane e a sua volta troppo ferita per poterlo accudire. E così Nino viene assegnato a una comunità, un Centro aiuto famiglia in cui, lentamente e non senza sensi di colpa e sofferenza, scopre per la prima volta di poter condividere le proprie paure con altri bambini e ragazzi, di poter sorridere. Grazie alla sensibilità e alla cura degli educatori, scopre anche di aver diritto a uno spicchio di felicità. Con sensibilità e rispetto, un rispetto che vale anche per la mamma Gianna, Valeria riesce a mostrarci un pezzo di realtà fatta di abbandono, fragilità ma anche di generosità ed energia, il paziente lavoro quotidiano di chi, nelle comunità e nelle famiglie affidatarie, ha deciso di mettersi a disposizione per cercare di ricucire i danni inflitti all’infanzia. Lo ha voluto leggere anche mia figlia di 13 anni e si è subito appassionata alle storie dei bambini e ragazzi, tanto da volerne conoscere il destino vero, oltre le pagine del libro. E da esprimere il desiderio di prenderne in affido uno.
"L’ho letto tutto d’un fiato. Commovente il punto di vista tenero del bimbo che accompagna tutta la storia. L’innocenza di quei piccoli e le loro storie che pesano come macigni, la percezione di come con un gesto pensato e convinto si possano cambiare le sorti di singole esistenze è incredibile". Enrico Galletti, Corriere della Sera
" Il libro è superlativo! Bravissima!! Bellissima storia e una scrittura ancora più empatica.” Amanda Colombo, libraia
"C'è un che di delicato, compassionevole, paziente, nel racconto del doppio bivio emotivo di cui si fa carico il piccolo protagonista, spaesato di fronte all'ignoto e all'inspiegabile, specie se a incarnarlo sono il volto della madre, quello degli assistenti sociali, di una nuova famiglia che potrebbe essere e chissà se sarà. Per descrivere il chiaroscuro di una realtà che viviamo tagliata con l'accetta, serviva una penna e un'anima sensibile. Per questo, per la narrazione laterale anche della mamma "colpevole", della sua storia, della possibile epifania, si tratta di un libro terapeutico, da assumere ai primi sintomi di sovranismo psichico". Luca Bottura, La Repubblica
"Non hai scritto. Hai dipinto. A volte Nino e Gianna sono così veri che sembra di vederli. E fa male però quando li vedi e senti il loro dolore. Ma poi ci sono la speranza e l'amore. E allora ci credi che si salveranno. Chiudi il libro con le lacrime e non capisci se sono di dolore o di gioia. È troppo poco dirti che sei brava". Lorenza Branchi